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mercoledì 23 febbraio 2011

Fotovoltaico con mirtilli e argilla

Fotovoltaico ai mirtilli, ci provano a Torino

Il fotovoltaico del futuro utilizzerà mirtilli e argilla. Ci stanno lavorando alla Cyanine, start up dell’Università di Torino, grazie al sostegno del Comune di Settimo Torinese che sta investendo nell’innovazione tecnologica a favore dell’ambiente. Tra i due vetri conduttori è inserita una pasta a base di biossido di titanio nanometrico impregnata con un colorante organico. Le applicazioni potrebbero avvenire non solo sul vetro, ma anche sulla plastica.

I prototipi dei pannelli sono colorati: azzurro o verde per il materiale prodotto dai mirtilli, giallo per quello ricavato dall’argilla. Con la luce solare la resa energetica è pari a 40 Watt al metro quadrato, si scende a 25 Watt con la luce diffusa. I pigmenti fotosensibili che si trovano naturalmente nelle bacche, le antocianine, intrappolate tra due strati di vetro o di plastica trasparente e flessibile, potrebbero dunque dar vita ai pannelli fotovoltaici di terza generazione.
Questi rivoluzionari pannelli made in Italy rendono, a conti fatti, la metà degli impianti attuali ma presentano il vantaggio di poter rimanere in funzione per tutto il giorno, anche quando non c’è il sole ma l’illuminazione è comunque garantita dalle lampade a risparmio energetico. Altro punto a favore riguarda i costi di smaltimento che sono pressocché nulli rispetto ai pannelli tradizionali disponibili oggi sul mercato.

Nasce SolarLab, il laboratorio che "testa" il fotovoltaico

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Cinquanta tipologie diverse di installazioni monitorate giorno per giorno per scoprire l'identikit del fotovoltaico perfetto. Con questo obiettivo Energy Resources ha realizzato a Bibbiena (Ar), per lo stabilimento Baraclit, un vero e proprio laboratorio scientifico, denominato SolarLab. Il progetto nasce dalla collaborazione tra le due aziende, che hanno messo in sinergia le loro competenze (Energy Resources come system integrator nel settore delle rinnovabili e Baraclit come produttore di capannoni per uso industriale) con lo scopo di individuare per ogni tipologia di tetto (e a seconda della diversa esposizione alla luce solare) quale sia la migliore combinazione di tecnologie possibile.

SolarLab ha una potenza complessiva di 2,5 Mw, occupa una superficie di 31.700 mq e utilizza oltre 11mila pannelli fotovoltaici. Nell'impianto sono testate quattro differenti tipologie di montaggio per confrontare come cambiano le rese di un impianto al variare delle caratteristiche geometriche (ovvero con la differente inclinazione dei moduli e della forma del tetto) e della tecnologia dei moduli. Rispetto alle caratteristiche geometriche, sono presenti 4 tipologie di copertura: piana, a shed rettilineo, a shed curvilineo trasversale e a shed curvilineo sia trasversale che longitudinale.

Per quanto riguarda i moduli, sono sperimentate 7 differenti tecnologie: per il 90% sono stati utilizzati moduli Canadian Solar mono e policristallini, per il restante 10% sono state utilizzate tutte le altre tecnologie esistenti di fotovoltaico: moduli monocristallini ad alta efficienza Sun Power; moduli in film sottile First Solar (tecnologia CdTe), Q Cell (Q smart, tecnologia CIGS) e Pramac (silicio amorfo, silicio microamorfo). SolarLab prende in esame anche la resa degli inverter, confrontando le performance di inverter di stringa e inverter centralizzati (prodotti da SMA, Power One e Astrid). Complessivamente presso SolarLab sono misurati i rendimenti di oltre cinquanta combinazioni diverse di installazioni.

Il monitoraggio quotidiano è stato già avviato, con l'obiettivo di verificare i dati di letteratura e misurare il comportamento dei moduli in Italia, considerato anche il fatto che i dati ad oggi disponibili sono per la gran parte riferiti a performance testate in Germania. «SolarLab è una grande ricerca scientifica a cielo aperto - sottolinea Emanuele Mainardi, vicepresidente e responsabile Ricerca e Sviluppo di Energy Resources -; grazie ai dati raccolti riusciremo a definire l'impianto che si dimostra più efficiente a seconda delle caratteristiche del tetto, dando così al mondo dell'industria soluzioni testate, certificate, massimizzate e di alto profilo estetico».
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NUMERI Ancora critiche sul boom del solare: al massimo 4,7 Gw a metà 2011

Continua la guerra sui numeri reali o presunti del fotovoltaico in Italia. Nella confusione che sta regnando negli ultimi giorni tra le stime del Gse (Gestore dei servizi energetici) e gli attacchi dell’Autorità per l’energia contro il fardello delle rinnovabili sulle bollette, s’inserisce lo studio diffuso da Asso Energie Future e Grid Parity Project. Il casus belli è stato l'anticipazione dei dati 2010: il Gse sostiene che a metà 2011 si potrebbero raggiungere i sette Gw di capacità installata, stando al boom di richieste pervenute al gestore. Una vera e propria corsa al fotovoltaico, perché gli impianti allacciati alla rete e pienamente operativi entro la fine di giugno 2011 potranno ancora beneficiare del più remunerativo secondo conto energia (a patto che gli investitori abbiano comunicato la fine dei lavori entro il 31 dicembre 2010).
I nuovi impianti già collegati e funzionanti hanno superato i 1800 Mw nel 2010, portando la capacità complessiva in Italia a circa tre Gw.

Il resto, secondo le associazioni (e come già denunciato da Assosolare), è in buona parte una bolla speculativa. Secondo Asso Energie Future, a giugno 2011 ci saranno al massimo 4700 Mw di potenza totale disponibile nel nostro Paese; molto meno, quindi, dei quasi sette Gw previsti (e poi tra l'altro riconfermati) dal Gse. Le cifre diffuse dal gestore, in altri termini, sarebbero falsate dal numero elevatissimo di richieste virtuali, inoltrate dagli speculatori. Il Gse ha promesso verifiche accurate per erogare gli incentivi soltanto agli impianti effettivamente costruiti e non a installazioni “fantasma” che esistono solo sulla carta. Intanto i numeri gonfiati hanno provocato l’allarme dell’Aeeg, preoccupata per il peso eccessivo degli incentivi al solare sulle future bollette. Tuttavia nel 2010 le fonti assimilate del Cip 6 ci sono costate più del fotovoltaico. Secondo Asso Energie, gli incentivi per i pannelli aumenteranno le bollette di circa 1,70 euro al mese dal 2011. Sussidi che, secondo le associazioni di settore, rimarranno indispensabili per assicurare la crescita del fotovoltaico, ben oltre l’obiettivo di otto Gw nel 2020 fissato dal governo e ormai ritenuto troppo prudente da tutti gli operatori.

venerdì 4 febbraio 2011

Che cos'è l'inquinamento luminoso?

Per inquinamento luminoso si intende ogni forma di irradiazione di luce artificiale rivolta direttamente o indirettamente verso la volta celeste. Produce inquinamento luminoso, che si può e si deve eliminare, sia l'immissione diretta di flusso luminoso verso l'alto (tramite apparecchi mal progettati, mal costruiti o mal posizionati), sia la diffusione di flusso luminoso riflesso da superfici e oggetti illuminati con intensità eccessive, superiori a quanto necessario ad assicurare la funzionalità e la sicurezza di quanto illuminato. La luce riflessa da superfici e oggetti illuminati produce sempre inquinamento luminoso. E' necessario quindi porre la massima cura a contenere quest'ultimo il più possibile. Il contenimento dell'inquinamento luminoso consiste nell'illuminare razionalmente senza disperdere luce verso l'alto, utilizzando impianti e apparecchi correttamente progettati e montati, e nel dosare la giusta quantità di luce in funzione del bisogno, senza costosi e dannosi eccessi. L'effetto più eclatante dell'inquinamento luminoso è l'aumento della brillanza del cielo notturno e la perdita della possibilità di percepire l'Universo attorno a noi.



                                                            La terra dallo spazio (Nasa)

Il cielo stellato, al pari di tutte le altre bellezze della natura, è un patrimonio che deve essere tutelato nel nostro interesse e in quello dei nostri discendenti. Esso è l’unica finestra sull’Universo in cui viviamo, patrimonio inestimabile dell’umanità, insostituibile soggetto di ispirazione per la cultura umanistica, l’arte, la letteratura, la filosofia e la religione, fondamentale oggetto di studio scientifico, elemento di crescita educativa e didattica.

Le iniziative a livello nazionale e mondiale

Il 13 marzo 2003 è stata approvata dal Parlamento italiano la "Risoluzione Calzolaio sull'inquinamento luminoso", che impegna il governo a proporre, in sede UNESCO, il cielo notturno come patrimonio dell’umanità, ad agire in ogni sede internazionale, in particolare durante la Presidenza italiana della UE, affinché il cielo notturno venga dichiarato e considerato un bene ambientale da tutelare, al fine di consentire alle generazioni presenti e future la possibilità di continuare a conoscere, studiare e ammirare il cielo stellato e i suoi fenomeni. L’UNESCO, nella sua Dichiarazione Universale dei Diritti delle Generazioni Future, ha sancito esplicitamente che: "Le persone delle generazioni future hanno diritto a una Terra indenne e non contaminata, includendo il diritto a un cielo puro". Il problema quindi non riguarda solo coloro che studiano il cielo, come gli Astronomi e gli Astrofili, ma anche qualsiasi persona che voglia avvicinarsi alla conoscenza di tutto quello che si trova al di fuori della nostra atmosfera, cioè l’intero Universo. Serve quindi un impegno di tutti per restituire, alla cultura dell’Uomo, un bene dal valore inestimabile, che non abbiamo il diritto di distruggere, ma il dovere di conservare.

Le sorgenti

Le principali sorgenti di inquinamento luminoso sono gli impianti di illuminazione esterna notturna, ma in alcuni casi l'inquinamento luminoso può essere prodotto anche da illuminazione interna che sfugge all'esterno, per esempio l'illuminazione di vetrine. Le sorgenti principali che possono causare inquinamento luminoso sono:

1. Impianti di illuminazione pubblici                 

2. Impianti di illuminazione stradali

3. Impianti di illuminazione privati               

4. Impianti di illuminazione di

monumenti, opere, ecc.

5. Impianti di illuminazione di stadi,

complessi commerciali, ecc

6. Fari rotanti

7. Insegne pubblicitarie, vetrine

   

Da tenere presente oltre alla tipologia della lampada anche il contributo dovuto alla riflessione della luce dovuta al suolo. È importante quindi la potenza della lampada: anche se l'impianto e' stato realizzato con apparecchi a norma di legge, una sovradimensionamento della potenza dello stesso incrementerebbe una riflessione verso il cielo della luce emessa nonché una spesa ingiustificata.

 



 

 

Rapporto tra la luminosità artificiale del cielo e quella naturale media. A colori più forti corrisponde un’eccedenza maggiore di luminosità artificiale. (Copyright 2000, Pierantonio Cinzano, Fabio Falchi, Christopher D. Elvidge).

                                                                  

 

 

Ridurre l’inquinamento luminoso non vuol dire "spegnere le luci"; significa anzi cercare di illuminare in maniera più corretta senza danneggiare le persone e l’ambiente in cui viviamo, operando al contempo un doveroso risparmio energetico.

Tipologie di apparecchi di illuminazione

Le tipologie che non producono inquinamento luminoso sono tutte quelle ove l’emissione luminosa verso il cielo, che non ha bisogno di essere illuminato, è la più bassa possibile (la Legislazione della Regione Lombardia, prevede che questo valore sia uguale a zero).

TIPOLOGIE  INQUINANTI



 

   

 

 

 

 

 

 

TIPOLOGIE NON INQUINANTI



Le sfere non schermate sono molto utilizzate nell'arredo urbano, anche per via del limitato costo iniziale, peraltro vanificato dallo spreco energetico che questi apparecchi causano, inviando verso il cielo il 50-60% della loro luce.



Anche nell'importante settore dell'illuminazione stradale vanno tenuti in considerazione alcuni accorgimenti (in molte situazioni, ad esempio, è opportuno utilizzare un lampione vetro piano orizzontale piuttosto che uno con il vetro prismatico).

Tipologie di lampade

La luce dispersa in cielo produce un inquinamento luminoso diverso a seconda della distribuzione spettrale della luce e quindi del tipo di lampada che viene utilizzata. In commercio esistono le seguenti tipologie di lampade:

1) Ad incandescenza: Di colore bianco caldo, la loro efficienza è molto bassa (~10-20 lumen/watt). Molto inquinanti.

2) Ai vapori di mercurio: Poco efficienti, la loro emissione avviene principalmente nell’ultravioletto. Sono inquinanti anche dal punto di vista del loro smaltimento, tanto che la direttiva 2002/95/CE del parlamento europeo le mette al bando.

3) Agli alogenuri metallici: Luce bianchissima, ma con uno spettro continuo, molto dannoso per le osservazioni astronomiche. Sono molto inquinanti. Il loro uso deve essere rigorosamente regolamentato

4) A fluorescenza: Hanno un’elevata efficienza luminosa, lunga durata e bassi consumi. Permettono un significativo risparmio energetico

5) Al sodio a bassa pressione: Hanno luce giallo-arancio. Sono molto efficienti (~200 lumen/watt). Permettono un notevole risparmio energetico.

6) Al sodio ad alta pressione: Hanno luce giallo-oro. Sono un po’ meno efficienti di quelle a bassa pressione ma permettono di distinguere i colori. Permettono anch’esse un ottimo risparmio energetico.

La Legge n. 22 del 1997 della Regione Veneto nell’Allegato C cita espressamente di "Impiegare preferibilmente sorgenti luminose a vapori di sodio ad alta pressione".

Relativamente al risparmio energetico è importante il momento della scelta della lampada e quindi dell’efficienza della stessa. Infatti ogni lampada ha una propria efficienza luminosa, ossia produce una determinata quantità di luce per una data potenza assorbita. Sostituendo una lampada poco efficiente con un'altra di maggior efficienza si otterrà, a parità di potenza assorbita, una maggior quantità di luce. Per esempio con 1 watt si possono ottenere 50 lumen con lampade al mercurio, 120 lumen con lampade al sodio ad alta pressione e 150 lumen con quelle al sodio a bassa pressione. Per ogni tipo di lampada vengono in genere indicati dal produttore oltre alla potenza anche il flusso luminoso (lumen). La tabella seguente riporta alcuni di questi dati a titolo indicativo.





 Anche quando serve illuminare dei monumenti ci sono degli accorgimenti che permettono di non inquinare e di non sprecare inutilmente energia (ad esempio illuminando dall’alto verso il basso o facendo restare il flusso luminoso entro la sagoma dell’edificio).

Le grandezze fotometriche

Le principali grandezze fotometriche e le relative unità di misura che si usano per l’inquinamento luminoso sono:

- Flusso luminoso: è l’intera potenza irradiata da una sorgente di luce. Unità di misura: lumen (lm).

- Intensità luminosa: è l’intensità di una sorgente luminosa in una specifica direzione. Unità di misura: candela (cd)

- Luminosità: è il flusso luminoso emesso nell’emisfero da un’area unitaria di superficie irraggiante. Unità di misura: lambert (lm/cm2).

- Brillanza: flusso emesso da un’unità di angolo solido entro un’area unitaria perpendicolare alla direzione del flusso. Unità di misura: candela / m2 (cd/m2).

- Illuminamento: è il rapporto tra il flusso luminoso irradiato e la superficie illuminata. Unità di misura: lux (lx).



Crescita della brillanza artificiale del cielo nella pianura veneta determinata in base alle misure di archivio di brillanza presso l'Osservatorio Astrofisico di Asiago e l’Osservatorio Astronomico di cima Ekar (P. Cinzano, 1998)

Impatto sull’ambiente dell’inquinamento luminoso

La perdita della qualità del cielo notturno non è solo una questione astronomica, ma costituisce un’alterazione di molteplici equilibri ambientali

L'inquinamento luminoso ha molteplici effetti negativi. Ricordiamone i principali:

a) Culturale - La cultura popolare del cielo è ormai ridotta ad eventi particolari di tipo astronautico. Perdendo il contatto diretto con il cielo l'uomo si è impoverito rispetto alle culture millenarie degli antichi popoli orientali. A titolo di esempio si pensi che gran parte degli scolari vedono le costellazioni celesti solo sui libri di scuola, e gli abitanti delle più grandi città non vedono mai una stella.

b) Artistico - Passeggiando nei centri storici delle città o nelle loro zone artistiche si noterà come l'uomo con una illuminazione esagerata riesca a deturpare tanta bellezza. Luci e poi luci, fari che illuminano a giorno le piazze. L'illuminazione delle zone artistiche e dei centri storici deve essere mirata e deve integrarsi con l'ambiente circostante, in modo che le sorgenti illuminanti diffondano i raggi luminosi in maniera soffusa, o come si suol dire "a raso", dall'alto verso il basso, così da mettere in risalto le bellezze dei monumenti.

c) Scientifico - L’astronomia, una delle scienze più antiche, è sempre più in difficoltà a causa della crescita esponenziale della brillanza artificiale del cielo. Anche a causa dell'inquinamento luminoso, gli astronomi sono stati costretti ad inviare un telescopio in orbita attorno alla Terra per scrutare i confini dell'universo. Inoltre sia gli astronomi professionisti che gli astrofili (amanti del cielo o astronomi dilettanti), per osservare il cielo devono percorrere distanze sempre maggiori alla ricerca di siti idonei.

d) Ecologico - L'illuminazione notturna ha sicuramente un effetto negativo sull'ecosistema circostante: il ciclo naturale "notte - giorno" della flora e fauna è profondamente mutato. Il ciclo della fotosintesi clorofilliana, che le piante svolgono nel corso della notte, subisce alterazioni dovute proprio ad intense fonti luminose che, in qualche modo, "ingannano" il normale oscuramento. Si pensi anche alle migrazioni degli uccelli che possono subire "deviazioni" proprio per effetto dell'intensa illuminazione delle città.

e) Sanitario - nell'uomo i riflessi sono fisiologici e psichici; la troppa luce o la sua diffusione in ore notturne destinate al riposo provoca vari disturbi; quante persone di notte, nella propria casa, per riposare sono costrette a chiudere completamente le serrande? E’ stata dimostrata una minore produzione di melatonina (ormone per la difesa immunitaria) in persone che lavorano la notte con forte illuminazione artificiale.

f) Risparmio energetico - Secondo dati forniti dal GRTN, per la sola illuminazione pubblica, nel 2001, sono stati impiegati circa 5500 milioni di kWh. Questo valore deve essere aumentato di circa il 5% l’anno e, ad esso, va aggiunto un 30% circa per l’illuminazione esterna privata. Nel 2001 pertanto nel nostro paese sono stati utilizzati circa 7150 milioni di kWh per illuminare strade, monumenti ed altro. Tuttavia per vari fattori, una grossa percentuale di questa potenza viene inviata, senza alcun senso, direttamente verso il cielo. Un capoluogo di provincia della Regione Veneto potrebbe, ad esempio, risparmiare fino ad 1 milione di Euro all’anno con una corretta gestione degli impianti di illuminazione. Da uno studio effettuato di recente si è visto che, dopo l’entrata in vigore delle Legge sull’inquinamento luminoso in Lombardia e del relativo regolamento di attuazione, si è registrata un’inversione di tendenza nei consumi energetici per l’illuminazione pubblica (mentre nelle altre regioni il trend e’ invariato).

g) Circolazione stradale - Un altro evidente effetto negativo di una smodata e scorretta dispersione di luce, correlato con la sicurezza stradale, è l'abbagliamento o distrazione che può essere indotto in chi è alla guida di autoveicoli. La soluzione si trova nel Codice della Strada che vieta l’uso di fari, di sorgenti e di pubblicità luminose che possono produrre abbagliamento o distrazione agli automobilisti.

La normativa

Legge Regionale del Veneto 27 giugno 1997, n. 22 (B.U.R. 53/1997)

La Legge Regionale 27 giugno 1997, n. 22 "Norme per la prevenzione

dell'inquinamento luminoso" prescrive misure per la prevenzione dell'inquinamento

luminoso sul territorio regionale, al fine di tutelare e migliorare l'ambiente, di

conservare gli equilibri ecologici nelle aree naturali protette ai sensi della legge 6

dicembre 1991, n. 394, nonché al fine di promuovere le attività di ricerca e

divulgazione scientifica degli osservatori astronomici.

La legge definisce le competenze della Regione e dei Comuni, definisce i contenuti

del Piano Regionale di Prevenzione dell’Inquinamento Luminoso (P.R.P.I.L.), del

Piano Comunale dell’Illuminazione Pubblica, stabilisce la tutela degli osservatori

astronomici professionali e non professionali, definisce le norme minime di protezione

del territorio inserendo delle aree di particolare tutela, stabilisce le sanzioni.

La legge veneta è stata la prima ad essere adottata in Italia: bisogna però sottolineare

che, purtroppo, non è ancora stato predisposto il previsto Piano Regionale di

Prevenzione dell’Inquinamento Luminoso (P.R.P.I.L.) rivolto alla disciplina dell'attività

della Regione e dei Comuni in materia.

Fino all’entrata in vigore del P.R.P.I.L. i Comuni devono adottare le misure contenute

nell’allegato C della legge regionale. Il concetto portante della norma prevede che gli

impianti di illuminazione non emettano un flusso nell’emisfero superiore eccedente il

tre per cento ( 3 % ) del flusso totale emesso dalla sorgente. Questo criterio, non

essendo ancora sufficiente per una corretta prevenzione dell’inquinamento luminoso,

sia per l’enorme potenza emessa dagli impianti di illuminazione, sia per l’oggettiva

difficoltà a rispettarlo, è stato in alcune leggi regionali (es. Lombardia, Marche)

portato al valore dello zero per cento ( 0% ).

 

Da sottolineare che esiste la norma UNI 10819 "Impianti di illuminazione esterna -

Requisiti per la luminanza della dispersione del flusso diretto verso il cielo" (1999).

Tale norma è però in contrasto con la Legge Regionale del Veneto: la sola

applicazione di essa non è quindi sufficiente all'interno della nostra regione; nel

Veneto, pertanto, deve essere applicata la L.R. 22/97.

 

In una recente nota, la Direzione Affari Legislativi della Regione Veneto

sottolinea il fatto che, pur non essendo ancora entrato in vigore il P.R.P.I.L.,

i Comuni all’interno delle zone di tutela devono comunque applicare

le sanzioni previste dalla legge.

 

Il ruolo dell’ARPAV

La Legge Regionale 27 giugno 1997, n. 22, demanda ai Comuni il controllo sul rispetto delle misure stabilite dalla legge stessa. ARPAV, in quanto Ente di controllo e monitoraggio della situazione ambientale, non sarebbe infatti in grado di monitorare e controllare il rispetto delle misure di tutti gli impianti di illuminazione pubblici e privati presenti in Veneto. Ciononostante, ARPAV svolge anche attività di informazione, divulgazione e sensibilizzazione. In questo contesto, anche tramite questo opuscolo, ARPAV intende attivarsi per informare e sensibilizzare sul problema dell’inquinamento luminoso, nella prospettiva del rispetto della Legge Regionale 27 giugno 1997, n. 22, operando sia nei confronti dei soggetti privati che delle Pubbliche Amministrazioni.

Che cosa fare?

Riportiamo le azioni che i Comuni ed i privati devono intraprendere per contribuire alla riduzione dell’inquinamento luminoso nella nostra regione.

Comuni

-Predisposizione del Piano Comunale dell’Illuminazione Pubblica

-Controllo sul territorio

-Ordinanze di spegnimento fari fissi / rotanti rivolti verso il cielo

-Applicazione delle sanzioni

-Attività di formazione

-Integrazione del regolamento edilizio con disposizioni concernenti progettazione, l'installazione e l'esercizio degli impianti di illuminazione esterna

Privati

Notifica al Comune dell’impianto fuori norma Notifica al Comune di fari fissi / rotanti rivolti verso il cielo (discoteche) Messa a norma degli impianti di proprietà

Le zone di maggior tutela

La Legge Regionale 27 giugno 1997, n. 22 individua delle zone di maggior tutela nelle vicinanze degli osservatori astronomici. In Veneto più del 50 % dei Comuni è interessato da queste zone di tutela specifica. La figura seguente mostra l’ubicazione degli Osservatori Astronomici professionali e non, sul territorio regionale e le relative zone di tutela. In ogni caso in tutto il territorio regionale valgono i principi dettati dalla legge.



 

Conclusioni

Il rispetto della Legge Regionale contro l’inquinamento luminoso comporta forse un piccolo investimento iniziale, da parte sia dei Comuni che dei privati, che dovranno attenersi ad essa, ma consente notevoli benefici a breve - medio termine. Per esempio per la modifica dei globi luminosi già esistenti, esistono in commercio apposite sfere, con la parte superiore schermata al 50% circa, il cui costo risulta anch’esso irrisorio rispetto al costo di un intero corpo illuminante. Inoltre la spesa necessaria per adeguare l’illuminazione pubblica può essere recuperata attraverso il risparmio ottenuto con i nuovi impianti in tempi molto brevi.

Diversamente dalle altre problematiche ambientali, l’inquinamento luminoso è facilmente risolvibile, non tornando al buio medievale, ma adottando quelle tecnologie, già presenti sul mercato, che permettono da un lato di ridurre il problema e dall’altro di ottenere un notevole risparmio energetico.

In base all'attuale crescita dell’illuminazione entro il 2025 sarà impossibile vedere la Via Lattea persino dagli angoli più remoti d’Italia: limitiamo l’inquinamento luminoso in modo tale che ciò non avvenga

Vantaggi dei led rispetto alle lampade al sodio

I vantaggi dei LED rispetto all’illuminazione con lampade al sodio
Di campibisenzio
Ritengo importante la pubblicazione di queste ulteriori notizie, a fronte del successo ottenuto con il precedente post; oggi propongo alcuni fra i vantaggi dell’illuminazione a Led contro la tradizionale illuminazione pubblica a vapori di sodio :

Risparmio energetico:

a parita’ di illuminazione , con la tecnologia LED si ha un risparmio energetico dal 50 al 80%.
Qualita’ della luce:

La luce emessa dalle lampade al sodio e’ gialla, non corrispondente al picco della sensibilita’ dell’ occhio umano: i colori non sono riprodotti fedelmente ed e’ quindi necessaria piu’ luce per garantire una visione sicura.
I LED invece, emettono luce bianca fredda, che permette di raggiungere un’illuminazione sicura per gli utenti della strada (abbassa i tempi di reazione all’imprevisto) , con minor consumo di energia. La luce bianca attraversa molto meglio la nebbia, rendendo i veicoli piu’ visibili. Inoltre i LED aumentano anche la qualita’ delle immagini catturate dalle telecamere di sicurezza.
L’indice di resa colorimetrica (CRI) indica la fedelta’ di riproduzione dei colori: vale 20 per le lampade al sodio e 80 per le lampade LED.
L’idea di legare la tecnologia LED all’illuminazione stradale deriva anche dalle ultime scoperte scientifiche in campo percettivo: gli studi sulla visibilita’ con luce bianca si basano sul fatto che a seconda della luminanza utilizziamo o meno tutti gli apparati percettivi del nostro occhio (coni e bastoncelli). I risultati indicano che sono da preferire le sorgenti luminose con spettro prevalente nella banda del blu , come i LED, senza richiedere elevati valori di luminanza. Le lampade al sodio ad alta pressione presentano uno spettro centrato nella banda del rosso, molto al di fuori del picco di sensibilita’ dell’occhio umano.
Si puo’ quindi affermare che con le lampade al sodio occorre aumentare la potenza luminosa del 50% per garantire una visione sicura.
Inquinamento luminoso:

Le lampade al sodio, essendo omnidirezionali, diffondono la luce in tutte le direzioni ed e’ necessario dotare il lampione di parabola per recuperarne meta’: l’efficienza luminosa finale e’ il 50% di quella emessa.
Il LED e’ direzionale per costruzione ed emette un fascio luminoso definito, a 90°, da 90 lumen/watt (alimentazione a 350mA) e quindi riduce al minimo l’inquinamento luminoso. Il LED puo’ essere interfacciato con delle ottiche secondarie per restringere il fascio luminoso.
In conclusione, la lampada al sodio, per qualita’ della luce, efficacia della proiezione e inquinamento luminoso, risulta essere inferiore alla lampada LED.
Durata:

La vita utile dei sistemi a LED e’ stimata in 50.000-100.000 ore (10-20 anni, 12 ore al giorno) contro le 4000-5000 ore (11-14 mesi) delle lamapade al sodio ad alta pressione.
Secondo stime, dopo 50.000-100.000 ore la luminosità dei sistemi a LED scende al 70% rispetto al valore iniziale e questo puo’ essere considerato il termine della vita utile del LED.
L’indice di caduta del flusso luminoso dei LED e’ nul class=”home_font”lo dopo 3000 ore di funzionamento, anzi nelle prime 5000 ore aumenta leggermente.
I fari al sodio, invece, dopo 3000 ore presentano una riduzione del flusso fino al 40%.
Manutenzione:

i costi di manutenzione degli apparati di illuminazione a LED sono stimati nell’ordine di un decimo rispetto agli impianti al sodio attualmente in uso.
Costi

i sistemi a LED hanno un costo iniziale maggiore, dal doppio al triplo, rispetto alle soluzioni tradizionali.
Considerando pero’ la maggiore durata , il risparmio energetico e la mauntenzione quasi assente, si ha un risparmio netto dal 50% al 80%.
Il dipartimento dell’energia degli Stati Uniti d’America stima che sostituendo,negli U.S.A., nei prossimi 20 anni l’attuale illuminazione stradale e urbana con i LED si possa:
1. diminuire il consumo di energia elettrica del 62%
2. ridurre le emissioni inquinanti di 250 milioni di tonnellate di anidride carbonica
3. evitare la costruzione di 153 nuove centrali elettriche
4. risparmi finanziari per 115 miliardi di dollari di finanziamenti non necessari per la costruzione di centrali elettriche.- Inoltre la produzione di semiconduttori diventa sempre piu’ economica con l’ aumentare dei volumi di produzione e quindi, con il diffondersi della tecnologia LED, i prezzi si abbasseranno.
La tecnologia LED e’ in rapido sviluppo e l’ efficacia luminosa dei LED aumenta rapidamente, mentre la ricerca per gli altri tipi di illuminazione e’ terminata.

giovedì 3 febbraio 2011

Dati gse :assosolare scrive al senato "quarto conto energia"

“Positivi i dati di crescita del mercato, ma esagerate e imprecise le stime su comunicazione fine lavori per 55000 impianti per 4 GW”

Milano, 3 Febbraio 2011 – Assosolare, l’Associazione italiana dell’industria fotovoltaica, ha scritto alla Commissione Industria al Senato, per esporre alcune perplessità sui dati sul settore presentati la scorsa settimana dal GSE nel corso di un’audizione informale davanti alla X Commissione del Senato.

“Tali stime – recita il documento di Assosolare – hanno sollevato allarmismi non utili a una obiettiva discussione sul futuro del fotovoltaico, comparto che a oggi è uno dei pochi settori trainanti dell’economia e dell’occupazione: la grande crescita degli investimenti in questo campo va letta come un caso di successo per l’Italia e per gli impegni del Governo nei confronti delle direttive comunitarie e potrebbe consentire al Paese di diventare, in questo settore, il mercato di riferimento in Europa e nel mondo, in un momento critico per l’economia come l’attuale”.

Nello specifico, il documento si concentra sulla stima del GSE relativa agli impianti rientranti nella legge cosiddetta “Salva Alcoa”. Secondo Assosolare, le stime sulle comunicazioni di fine lavori per 55.000 nuovi impianti ricevute dal GSE, per una potenza di 4 GW, appaiono esagerate, come confermato da diversi dati.

Mercato dei pannelli

Le importazioni di pannelli da Paesi extra UE si attestano infatti a circa 2 GW, che sommati alla produzione nazionale (circa 0,6 GW) e alle importazioni dall’UE (Germania e Spagna) pari a 0,8 GW porterebbero a 3,4 GW l’ammontare del mercato in Italia nel 2010. Se si considera che la potenza degli impianti connessi alla rete nel 2010 (quelli cioè non riconducibili alla legge 129/2010) sono circa 1,85 GW, rimarrebbe una potenza di appena 1,55 GW di pannelli disponibili per l’installazione, quindi molto meno della metà dei 4.0 GW stimati dal GSE in base alle dichiarazioni di fine lavori ricevute al 31 dicembre.

Ragioni finanziarie

Rispetto alla dimensione del mercato, pari a circa 7 miliardi di euro, le realizzazioni del 2010 (1,85 GW realmente connessi più i presunti 4 GW della legge 129/10) ammonterebbero a un giro di investimenti di oltre 20 miliardi, di cui né i grandi installatori, né le banche né le assicurazioni sembrano avere evidenza: in particolare, come appreso da Assosolare, considerato anche il primo conto energia, ad oggi i finanziamenti in project e leasing da parte delle banche per tutti i progetti raggiungono a malapena il miliardo di euro.
Da quanto risulta ad Assosolare, le banche già a giugno 2010 avevano rinunciato a firmare contratti per ulteriori impianti di grandi dimensioni: questo rende improbabile un’impennata degli impianti di grossa taglia rientranti nel Decreto Salva Alcoa, necessari per giustificare i 4 GW stimati dal GSE.
La taglia media degli impianti ad oggi in esercizio è di 20,04 kWp, mentre la taglia media degli impianti dei 4GW addizionali stimati dal GSE è pari a 72,72 kWp, un dato oltre 3 volte superiore e che appare “fuori scala” da un punto di vista statistico, continua il documento di Assosolare.

Costi del fotovoltaico

“Parlando del costo degli incentivi del Conto Energia, riteniamo opportuno avviare da subito un tavolo di lavoro con il governo per parlare del quarto Conto Energia, visto che il terzo appena partito potrebbe durare meno dei tre anni previsti, che rappresentavano già un periodo breve per stimolare gli investimenti nel medio-lungo termine”. Il documento di Assosolare ribadisce poi che “ogni valutazione relativa al costo del fotovoltaico va ricontestualizzata tenendo conto anche dei ritorni fiscali per lo Stato e per gli Enti Locali, della leva occupazionale positiva che il comparto sta generando in controtendenza con lo stallo del mercato occupazionale, del positivo impatto sull’ambiente, della riduzione delle importazioni di idrocarburi e, conseguentemente, della riduzione degli esborsi dello Stato in relazione alle quote di CO2”.

“Alcuni dei dati del GSE sono stime non confermate che stanno portando a inutili e gravi allarmismi per il mercato” commenta il Presidente di Assosolare Gianni Chianetta. “Auspichiamo quindi che le Istituzioni trasmettano un segnale forte di tutela degli attuali investimenti nel settore, confermando responsabilità e attenzione nei confronti del settore fotovoltaico e delle sue grandi potenzialità nell’immediato futuro, al fine di evitare impatti devastanti sul mercato nazionale”.

mercoledì 2 febbraio 2011

Boom fotovoltaico 2011 in Italia

FOTOVOLTAICO

28 Gennaio 2011



www.seventyindustry.com

Ims: sarà boom del solare nel 2011. Sempre l'Italia in testa
Anche a livello mondiale lievitano le stime per le nuove installazioni, ma rimane il rischio di una sovrapproduzione di pannelli





Per il solare c'è di nuovo il rischio sovrapproduzione
Le ambiguità del solare: corre la Germania, si ferma la Francia
L'Italia è il Paese con più appeal per gli investimenti nel solare
Il fotovoltaico italiano corre sempre di più
Il mercato del fotovoltaico mondiale cambia così rapidamente che è sempre più difficile formulare previsioni corrette. Ci sta provando anche Ims Research, che oltre a confermare il boom del 2010 lancia stime più elevate per il 2011, come segnala l’ultimo rapporto della società di consulenza. E proprio l’Italia è al centro delle differenze tra i numeri, perché, mentre molti analisti pensavano che il nostro Paese avrebbe raggiunto al massimo due Gw di nuova potenza installata lo scorso anno, Ims ritiene che saremo più vicini ai tre Gw. Addirittura, i recentissimi numeri del Gse parlano di ulteriori 4 Gw che porterebbero il consuntivo a 7 Gw totali. Per le cifre definitive, segnala il rapporto di Ims, bisognerà aspettare qualche mese, perché il Gse sta ancora esaminando migliaia di richieste per nuovi impianti che sono pervenute alla fine del 2010.

Oltre 20 Gw di nuova capacità nel 2011
Per Ims abbiamo assistito così a un anno record, con 17,5 Gw di capacità aggiunta nel mondo, +130% rispetto al 2009 (iSuppli, invece, si era fermata a un più prudente 15,8). Che cosa ci riserverà il 2011? Bisogna procedere con cautela, perché il fotovoltaico ha già smentito più volte (al rialzo, però) qualunque pronostico, soprattutto se riferito agli anni a venire. Basti ricordare che a dicembre 2009, Ims pensava che il solare avrebbe toccato gli 8,6 Gw di nuova potenza nel 2010, mentre si è arrivati a più del doppio. Quel che appare certo, è che le installazioni nel 2011 continueranno a crescere; Ims cita un traguardo di 20,5 Gw di capacità aggiuntiva a livello mondiale, portando il totale a 58 Gw disponibili.

I mercati nazionali
Qui ci addentriamo nelle dinamiche dei vari mercati nazionali. Dovrebbero calare Germania e Repubblica Ceca, oltre che la Francia, per il taglio degli incentivi operato dai rispettivi governi; in compenso, dovrebbero salire altri Paesi, soprattutto in Asia. La quota dell’area Emea (Europa, Africa e Medio Oriente), secondo Ims, scenderà dall’81 al 68% nel totale delle installazioni del 2011; in Europa, l’Italia vedrà nuovi picchi, ma anche Gran Bretagna, Grecia e Bulgaria saranno tra le nazioni emergenti nel solare; stando alla società di consulenza, 22 Paesi installeranno più di 50 Mw nel 2011, 18 supereranno i cento Mw e quattro andranno oltre il Gw. Aumenteranno del 50%, inoltre, gli impianti di taglia maggiore (cinque Mw o più di potenza).

Come si muovono le industrie
Un’altra incognita riguarda il rapporto tra domanda e offerta di pannelli fotovoltaici; un recente rapporto, sempre di Ims, offriva uno scenario di sovrapproduzione nel 2011, con le industrie del settore in grado di sfornare fino a 35 Gw di moduli, contro una richiesta pari a circa un quinto di tale cifra nel primo semestre dell’anno. Gli ultimi aggiornamenti (20,5 Gw di potenza in più nel 2011) rappresentano quindi una stoccata al rialzo per Ims. L’offerta rimarrà ugualmente in eccesso, accelerando la riorganizzazione delle aziende del solare: più concorrenza, prezzi dei pannelli in calo, maggiore efficienza dei processi produttivi, economie di scala e ricerca di nuovi mercati. E qui c’è un campanello d’allarme per le imprese italiane, finora incapaci di competere con i colossi stranieri del settore. Alla crescita delle installazioni nel nostro Paese non corrisponde analoga espansione industriale; un disaccoppiamento che premia i fabbricanti esteri e lascia un po’ di amaro in bocca alle nostre filiere produttive.
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martedì 1 febbraio 2011

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www.seventyindustry.com

Il fotovoltaico italiano polverizza tutti i record: 7.000 Mw a fine 2010





Tutti gli addetti ai lavori si aspettavano una corsa del fotovoltaico italiano nel 2010 (per via della scadenza al 31 dicembre degli incentivi più generosi garantiti dal vecchio Conto Energia) ma gli ultimi dati diffusi dal Gse lasciano piuttosto intravedere uno sprint da record del mondo. Grazie al boom di domande presentate nell'ultima parte dello scorso anno, il solare nazionale potrebbe infatti raggiungere già nei primi mesi del 2011 il target di 8.000 Mw previsto per il 2020. Vero è che gli operatori da sempre avevano considerato questo limite troppo basso ma, secondo dati diffusi dal Gse appena un mese fa, la potenza cumulata di fine 2010 non avrebbe dovuto superare i 3.000 Mw.

Questa previsione è stata polverizzata dai dati riferiti dal Gse nel corso di un'audizione informale davanti alla X Commissione del Senato: la potenza complessiva degli impianti fotovoltaici in esercizio, che ad oggi hanno fatto domanda di ammissione agli incentivi al Gse, è pari a 2.800 Mw su oltre 140.000 impianti. Ma considerando le domande relative all'anno scorso che continueranno ad arrivare al Gse entro fine febbraio, si stima che la potenza complessiva a fine 2010 potrebbe aver raggiunto il valore di 3.000 Mw su 150.000 impianti. Nel solo anno 2010, quindi, la nuova potenza fotovoltaica installata sarebbe pari a 1.850 Mw, con un incremento del 160% rispetto alla potenza entrata in esercizio nell'anno precedente (711 Mw).

Ma il dato che fa saltare il banco delle previsioni è un altro: per effetto della legge 129/2010, che prevede di riconoscere le tariffe 2010 agli impianti fotovoltaici che entreranno in esercizio entro giugno 2011 purché abbiano comunicato la fine dei lavori entro il 31 dicembre 2010, sono arrivate al Gse comunicazioni per circa 55.000 ulteriori impianti per una potenza aggiuntiva di ben 4.000 Mw. Sommando tutti questi numeri, la potenza complessiva degli impianti installati sul territorio nazionale, compresi quelli non ancora collegati alla rete elettrica, potrebbe essere così pari, a fine 2010, a 7.000 Mw contro i 1.142 Mw di fine 2009. In questo modo, rileva il Gestore dei servizi energetici, nel corso del 2011 potrebbe essere già raggiunto il target di 8.000 Mw che il Piano di azione nazionale sulle fonti rinnovabili ha previsto per l'anno 2020 per gli impianti fotovoltaici.
Il dato delle 55.000 nuove domande per un totale di ben 4.000 Mw evidenzia inoltre un altro aspetto: la crescita dimensionale media degli impianti di imminente realizzazione.

L'inatteso boom del solare (almeno nelle proporzioni) potrebbe però avere l'effetto di inasprire il dibattito sul peso degli incentivi alle fonti rinnovabili. A stretto giro di posta dalla diffusione dei dati del Gse, Paolo Vigevano, amministratore delegato dell'Acquirente Unico, nel corso di un'audizione alla Commissione industria del Senato ha infatti sottolineato che «nella spesa media annua della famiglia tipo (per l'energia, ndr), la voce relativa alle fonti rinnovabili pesa per il 7% circa, a cui si aggiungono altre voci per circa il 2%, portando gli oneri generali di sistema a poco meno del 10%. Senza un intervento sulla loro evoluzione futura, il peso percentuale di tali oneri potrebbe superare entro pochi anni per importanza il differenziale del costo dell'energia elettrica in Italia rispetto agli altri Paesi dovuto al mix sfavorevole di produzione».