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martedì 8 maggio 2012

Troppa burocrazia nei nuovi decreti per le rinnovabili

27 Aprile 2012
Mentre la crisi finanziara ed economica stenta ad abbandonarci, le Borse sono ancora sotto attacco e lo spread appare di nuovo fuori controllo, le associazioni di categoria, gli operatori, gli investitori, i legali, le istituzioni finanziarie hanno finito di interrogarsi sulle reali intenzioni del Governo Monti in merito al quinto Conto energia e al Decreto sulle rinnovabili elettriche non fotoivoltaiche (eolico, biomasse, idroelettrico, geotermico e biogas).

Il messaggio che traspare dalle bozze dei decreti varati dai competenti Ministeri ed ora al vaglio dell'Autorità dell'Energia Elettrica e del Gas nonchè della Conferenza Stato-Regioni, pare chiaro: raggiungere, e financo superare, gli obiettivi europei in materia di energie rinnovabili per il 2020 attraverso una crescita virtuosa, basata su un sistema di incentivazione equilibrato e vantaggioso per il sistema Paese, maggiormente allineato ai livelli europei e adeguato ai costi di mercato. E se da un lato, gli obiettivi possono dirsi condivisibili, considerato che finalmente si torna a parlare di Piano energetico nazionale che assegna al settore elettrico uno spazio importante, dall'altro lato, non può che destare più di una perplessità l'eccessiva burocratizzazione che l'implementazione del nuovo sistema impone e soprattutto le condizioni di accesso agli incentivi. Ma procediamo per gradi.

Il nuovo quadro regolamentare, che entrerà in vigore al superamento (esattamente 30 giorni dopo) della soglia dei 6 miliardi annui di incentivi per il fotovoltaico (tra luglio e ottobre prossimi) e il 1 gennaio 2013 per le altre fonti rinnovabili, introduce un sistema di controllo e governo dei “volumi installati e della relativa spesa complessiva” attraverso il meccanismo di aste competitive per i grandi impianti e tramite registri di prenotazione per gli impianti di taglia medio-piccola, Sono invece esclusi dai registri i micro impianti.
Al di là delle (non indifferenti) problematiche legate a: capire chi siano i tecnici abilitati alla certificazione energetica degli edifici; far fronte alle numerose certificazioni che i produttori di moduli e inverter dovranno rilasciare; provvedere al pagamento dei contributi da versare al Gse sia per le spese di istruttoria sia per coprire gli oneri di gestione, verifica e controllo; soddisfare i requisiti minimi che devono possedere i partecipanti alle aste competitive a dimostrazione della loro solidità finanziaria ed economica nonché fornire le cauzioni poste a garanzia della realizzazione dell'intervento, emerge in tutta la sua evidenza come - in entrambe le bozze di decreto - condizione imprescindibile per essere ammesso a partecipare alle aste o essere iscritto nel registro sia la previa esistenza del titolo autorizzativo.

La qual cosa non dovrebbe attirare l'attenzione che invece desta se fossimo in un Paese in cui i titoli autorizzatori fossero rilasciati - sussistendone ovviamente i presupposti - nel rispetto delle tempistiche previste dalla normativa vigente. La qual cosa invece, come è fin troppo noto, non è, a dispetto dei recenti interventi legislativi e alla copiosa giurisprudenza in materia.

Invero, è un dato di fatto che il rischio autorizzatorio - per tale intendendosi il rischio che l'autorizzazione non venga rilasciata nei tempi attesi o che non venga impugnata da qualche soggetto interessato avanti al competente tribunale amministrativo - è ormai considerato endemico al Paese Italia ma non per questo ancora “digerito”. Anzi, sempre più spesso il rischio autorizzatorio viene considerato come elemento dirimente la bancabilità o meno di un progetto. Con tutte le conseguenze che ne derivano.
Eppure, data la qualificazione dell'attività di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili come «attività libera», cui si accede in condizioni di uguaglianza, senza discriminazioni nelle modalità, condizioni e termini per il suo esercizio, il procedimento autorizzatorio dovrebbe essere scevro da tutti i rischi di ritardi o, peggio ancora, “stalli” procedimentali.

A dispetto del procedimento unico, che - una volta avviato sulla base dell'ordine cronologico di presentazione delle istanze - dovrebbe svolgersi con tempi e scadenze certe, anche in ipotesi di assoggettamento alla valutazione di impatto ambientale, e a dispetto del fatto che nella conferenza dei servizi confluiscono tutti gli atti autorizzativi comunque denominati in materia ambientale e gli esiti delle procedure sull'impatto ambientale, è un dato di fatto che lo stesso non si chiude mai nei famosi 180 giorni, a nulla essendo valsa l'espressa avvertenza dell'obbligo di «risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento».

Ed è altresì un dato di fatto che, alla luce delle due bozze di decreto, senza titolo autorizzatorio non sussite nemmeno la chance di iniziare il lungo iter burocratico per poter essere ammesso al nuovo sistema di incentivi. La partita delle rinnovabili è, come dicevo, ancora aperta. Resta da capire quale sarà la squadra e chi saranno i player che potranno scendere in campo.

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