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lunedì 20 dicembre 2010

SOLARE TERMICO

Home Il pannello solare
Il pannello solare: com'è fatto e come funziona
Il pannello solare serve a catturare l'energia che giunge dal Sole sulla Terra e ad utilizzarla per produrre acqua calda ad una temperatura che può raggiungere anche 60 -70°C.

L'insolazione dipende dalla nuvolosità e dall'orientamento del pannello rispetto al sole e un pannello riceve più energia solare quando è orientato direttamente verso il sole. Si potrebbe pensare alla possibilità di dotare i pannelli di sistemi ad inseguimento della traiettoria apparente del sole ma, sebbene sia tecnicamente possibile, non è una soluzione valida dal punto di vista economico: il costo dei sistemi di inseguimento e la loro manutenzione non ripagano il beneficio da essi prodotto. Il pannello fisso fornisce la migliore resa se orientato a sud ed è inclinato 10 gradi in meno rispetto alla latitudine del luogo se deve produrre acqua calda, 10 gradi in più se serve per il riscaldamento. L'Italia è un paese con un buon livello di irraggiamento, pari mediamente a 5-6 kwh/mq/giorno, vale a dire che in concreto l'energia solare disponibile su 4mq di pannelli solari è in grado di soddisfare il 70% circa del fabbisogno di acqua calda di una famiglia di 4 persone durante tutto l'anno.

L'acqua calda prodotta, accumulata in un apposito serbatoio, potrà essere utilizzata per gli usi sanitari di casa, come pure per riscaldare le piscine o servire le esigenze di alberghi, scuole, camping, impianti di balneazione, ecc.

In esso si distinguono le seguenti parti:

• il pannello solare vero e proprio che permette di trasformare la luce solare in calore;

• il serbatoio di accumulo dell'acqua calda (detto anche boiler o accumulatore).

I pannelli solari possono essere raggruppati in alcune tipologie principali: scoperti (senza vetro), vetrati (o piani) e sottovuoto (o con tubo evacuato).
Il pannello solare più utilizzato è quello vetrato che risulta essere così composto. Un assorbitore della luce solare, costituito da una lastra simile ad un radiatore (che può essere in acciaio o in rame), all'interno della quale è inserito un fascio di tubi in cui scorre il liquido del circuito primario destinato ad essere riscaldato. Tale fluido è normalmente acqua addizionata con antigelo in modo da resistere al freddo invernale senza congelarsi. Una lastra di vetro trasparente, posta superiormente all'assorbitore, che permette il passaggio dei raggi solari. L'assorbitore, scaldandosi, emette energia sotto forma di radiazione infrarossa: ma il vetro, nei confronti di queste radiazioni, attenua la dispersione all’esterno perché è opaco (effetto serra). Nella parte sottostante del pannello è inserito un isolante termico (in fibra di vetro o in poliuretano espanso privo di CFC) che riduce le dispersioni di calore. Il pannello è chiuso posteriormente da una scocca, spesso realizzata in lamiera. Il tutto (vetro, assorbitore e fascio tubiero, isolante termico e scocca posteriore) è tenuto assieme da uno chassis che assembla le parti e conferisce al pannello robustezza e stabilità. Il serbatoio di accumulo dell'acqua contiene al suo interno uno scambiatore di calore ad intercapedine nel quale circola il liquido del circuito primario che, cedendo il calore ricevuto dal sole, riscalda l'acqua contenuta nel serbatoio. Quindi nel serbatoio (che è coibentato al fine di conservare il calore) si trovano due circuiti idraulici separati: quello primario del pannello, in cui circola il liquido riscaldato dal sole e quello secondario in cui circola acqua sanitaria e che é collegato all'impianto idraulico di casa. La dimensione ottimale dell'accumulatore consente di soddisfare al meglio le esigenze suddette e dipende dalle condizioni climatiche, dal tipo di richiesta dell'energia e da condizioni di carattere economico. Se si tengono presenti sia gli aspetti tecnici che economici il campo dei valori ottimali è generalmente compreso tra i 50 e i 100 lt per mq di area captante. Oltre al dimensionamento, l'isolamento del boiler costituisce un fattore importante nel buon funzionamento del sistema in quanto, riducendo l'energia dispersa, aumenta quella disponibile all'utenza. E' importante perciò tener conto del grado di isolamento dei bollitori, soprattutto se sono esterni come succede negli impianti a circolazione naturale.

Il solare riparte con il conto energia 2011

Produrre elettricità pulita con il solare continuerà a essere un buon affare. È vero, dal 2011 gli incentivi al fotovoltaico saranno meno generosi. Ma le opportunità legate al nuovo conto energia – al quale è dedicata questa Guida pratica – restano vantaggiose.
Per gli impianti che entreranno in funzione dal 1° gennaio 2011, il taglio delle tariffe incentivanti sarà del 15-20%, cui si aggiungerà un'ulteriore riduzione del 6% nel 2012 e nel 2013. Anche così, ad ogni modo, sarà possibile recuperare l'investimento iniziale prima della fine del periodo di erogazione dell'incentivo (20 anni) e chiudere l'operazione con un guadagno netto. Dopotutto, il costo dei componenti è in diminuzione – si può ipotizzare come minimo un 5% in meno nel 2011 – e gli incentivi restano comunque più ricchi di quelli di altri paesi europei.

«Ogni giorno ricevo richieste di investitori stranieri che vogliono incontrarci per saperne di più», spiega Gerardo Montanino, direttore della divisione operativa del Gestore servizi energetici (Gse). In effetti, dopo mesi di ipotesi e congetture, il testo finale del Dm 6 agosto 2010 non ha deluso le imprese. «Tra gli aspetti positivi, è stato mantenuto l'assetto generale del vecchio conto energia, dando continuità a uno schema incentivante che ha funzionato e quindi al mercato. Altro elemento positivo è la gradualità di riduzione della tariffa su tre periodi, che consentirà alle imprese di smorzare l'impatto del calo», commenta Gianni Chianetta, presidente di Assosolare.
Il nuovo conto energia, inoltre, "descrive" in modo diverso gli impianti, così da adattarsi con più precisione alle diverse tipologie di strutture. Spariscono quelle «parzialmente integrate» e le tariffe vengono modulate su un maggior numero di fasce di potenza. Vengono introdotti incentivi più ricchi per gli impianti innovativi integrati negli edifici. Risultano penalizzate tettoie e serre solari, ma raddoppiano i premi per chi sostituisce tetti in amianto e arrivano bonus speciali legati al miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici.
Vengono incentivati anche gli impianti a concentrazione. «E questa – osserva Montanino – è una scelta strategica perché in questo campo l'industria italiana può ancora giocare un ruolo importante».

La realtà del fotovoltaico italiano, però, non è fatta solo di luci. C'è la produzione di energia pulita, con 2mila MW di potenza installata alla fine della scorsa settimana. Ci sono i vantaggi per l'ambiente, con un aiuto a raggiungere gli obiettivi previsti dall'Unione europea per il 2020. Ma ci sono anche le voci critiche. Qualcuno ricorda che l'energia solare è molto costosa e che, senza gli incentivi, sarebbe in perdita. Qualcun altro evidenzia che la maggior parte dei moduli installati in Italia è di produzione asiatica, tedesca o statunitense. E qualcun altro ancora punta il dito contro l'assurdità dei pannelli installati al posto dei campi di grano in Pianura Padana, degli uliveti in Puglia e delle vigne in Piemonte.

«Sappiamo che il fotovoltaico non può rappresentare l'unica via, ma deve rientrare in un mix di fonti diverse», replica Valerio Natalizia, presidente del Gifi, il Gruppo imprese fotovoltaiche italiane, aderente a Confindustria Anie. «Chi critica il costo degli incentivi – continua – non conteggia le ricadute positive in termini occupazionali e fiscali, e non considera che i bonus servono ad accompagnare la crescita della tecnologia e a renderla autosufficiente».
Quanto all'assenza di un'industria italiana, secondo il Gifi i moduli incidono solo per il 50% del costo dell'impianto e per il 30% della manodopera impiegata. In Italia – stima ancora il Gifi – la filiera del fotovoltaico dà lavoro a circa 20mila addetti, impiegati nella produzione di inverter e componenti, nell'installazione e nella manutenzione.

Sulle installazioni in zone sensibili, invece, tocca agli enti locali vigilare. In attesa che vengano finalmente dipanate le regole sui permessi edilizi: un groviglio che genera incertezze per gli operatori e apre crepe in cui possono insinuarsi le iniziative illecite della criminalità. È quanto ha chiesto anche l'Aper, l'associazione dei produttori di energia da fonti rinnovabili, auspicando che «un corretto recepimento delle linee guida nazionali» permetta di «superare la frammentazione normativa creatasi e incentivare il tessuto industriale favorendo gli investimenti nella green economy».
A imporre grande attenzione da parte degli enti locali è anche l'arrivo dei capitali internazionali. Già oggi in Italia i 110mila impianti di piccola taglia (sotto i 20 kW) generano solo il 30% della potenza installata, mentre il resto è riconducibile agli 8mila impianti più grandi. E la tendenza sarà ancora più evidente nei prossimi anni.
Peraltro, l'arrivo dei grandi player non toglie spazio né alle famiglie, né alle Pmi che vogliano installare un impianto sul tetto di casa o sul capannone aziendale. Anzi, è proprio per le strutture domestiche che gli incentivi sono più ricchi. Il rischio, semmai, è che il livello elevato dei bonus impedisca di sviluppare una piena concorrenza sui prezzi. «I grandi operatori hanno consulenti in grado di ottimizzare il costo degli investimenti – afferma Montanino –, mentre per le famiglie abbiamo ancora notizia di installatori che praticano prezzi ingiustificati: ecco perché è importante individuare i soggetti giusti cui rivolgersi».
Nuove tecnologie di fabbricazione permetteranno di ridurre i costi di produzione dei LED. Produrre il nitruro di gallio (GaN) necessario al funzionamento dei LED e’ costoso per via del veloce raffreddamento di questo materiale che porta a rotture nei cristalli.


Colin Humphreys e il suo gruppo di ricerca dell’università di Cambridge hanno coltivato i cristalli di GaN su uno strato composto da una lega di nitruro di gallio e nitruro di arsenico che si raffredda e restringe più lentamente del substrato di silicio (il cui differente comportamento termico portava alla rottura frequente).


Nuove tecnologie di fabbricazione permetteranno di ridurre i costi di produzione dei LED. Produrre il nitruro di gallio (GaN) necessario al funzionamento dei LED e’ costoso per via del veloce raffreddamento di questo materiale che porta a rotture nei cristalli.

Colin Humphreys e il suo gruppo di ricerca dell’università di Cambridge hanno coltivato i cristalli di GaN su uno strato composto da una lega di nitruro di gallio e nitruro di arsenico che si raffredda e restringe più lentamente del substrato di silicio (il cui differente comportamento termico portava alla rottura frequente).


L’alternativa finora utilizzata era di coltivare i cristalli di gallio su zaffiri, che hanno la stessa velocità di raffreddamento e riduzione di volume del GaN. Il costo di una lampadina a LED costruita usando zaffiri, e’ Nuove tecnologie di fabbricazione permetteranno di ridurre i costi di produzione dei LED. Produrre il nitruro di gallio (GaN) necessario al funzionamento dei LED e’ costoso per via del veloce raffreddamento di questo materiale che porta a rotture nei cristalli.

Colin Humphreys e il suo gruppo di ricerca dell’università di Cambridge hanno coltivato i cristalli di GaN su uno strato composto da una lega di nitruro di gallio e nitruro di arsenico che si raffredda e restringe più lentamente del substrato di silicio (il cui differente comportamento termico portava alla rottura frequente).


L’alternativa finora utilizzata era di coltivare i cristalli di gallio su zaffiri, che hanno la stessa velocità di raffreddamento e riduzione di volume del GaN. Il costo di una lampadina a LED costruita usando zaffiri, e’ doppio rispetto a quanto proposto da Colin Humphreys.

Ora, con questa nuova tecnologia, una lampadina a LED da due euro potrebbe durare 60 anni. Una lampada a LED dura 10 volte più a lungo di una analoga a fluorescenza (130 volte una a incandescenza). Rispetto alle lampadine odierne a basso consumo un LED usa un terzo dell’energia. La luce si accende immediatamente, non tremola e la lampadina non contiene mercurio.

La pre-produzione di lampadine con questo nuovo wafer in lega e’ già iniziata grazie all’interessamento di una azienda specializzata (la RF Micro Devices) e il prodotto potrebbe essere sul mercato in un paio d’anni.

Via | Cambridge univ
Foto | designmilk



Nuove tecnologie di fabbricazione permetteranno di ridurre i costi di produzione dei LED. Produrre il nitruro di gallio (GaN) necessario al funzionamento dei LED e’ costoso per via del veloce raffreddamento di questo materiale che porta a rotture nei cristalli.

Colin Humphreys e il suo gruppo di ricerca dell’università di Cambridge hanno coltivato i cristalli di GaN su uno strato composto da una lega di nitruro di gallio e nitruro di arsenico che si raffredda e restringe più lentamente del substrato di silicio (il cui differente comportamento termico portava alla rottura frequente).


L’alternativa finora utilizzata era di coltivare i cristalli di gallio su zaffiri, che hanno la stessa velocità di raffreddamento e riduzione di volume del GaN. Il costo di una lampadina a LED costruita usando zaffiri, e’ doppio rispetto a quanto proposto da Colin Humphreys.

Ora, con questa nuova tecnologia, una lampadina a LED da due euro potrebbe durare 60 anni. Una lampada a LED dura 10 volte più a lungo di una analoga a fluorescenza (130 volte una a incandescenza). Rispetto alle lampadine odierne a basso consumo un LED usa un terzo dell’energia. La luce si accende immediatamente, non tremola e la lampadina non contiene mercurio.

La pre-produzione di lampadine con questo nuovo wafer in lega e’ già iniziata grazie all’interessamento di una azienda specializzata (la RF Micro Devices) e il prodotto potrebbe essere sul mercato in un paio d’anni.

Via | Cambridge univ
Foto | designmilk



doppio rispetto a quanto proposto da Colin Humphreys.

Ora, con questa nuova tecnologia, una lampadina a LED da due euro potrebbe durare 60 anni. Una lampada a LED dura 10 volte più a lungo di una analoga a fluorescenza (130 volte una a incandescenza). Rispetto alle lampadine odierne a basso consumo un LED usa un terzo dell’energia. La luce si accende immediatamente, non tremola e la lampadina non contiene mercurio.

La pre-produzione di lampadine con questo nuovo wafer in lega e’ già iniziata grazie all’interessamento di una azienda specializzata (la RF Micro Devices) e il prodotto potrebbe essere sul mercato in un paio d’anni.

Via | Cambridge univ
Foto | designmilk

domenica 19 dicembre 2010

la storia dei led

LED è l'acronimo di Light Emitting Diode (diodo ad emissione luminosa). Il primo LED è stato sviluppato nel 1962 da Nick Holonyak Jr.. [1][2] Il dispositivo sfrutta le proprietà ottiche di alcuni materiali semiconduttori per produrre fotoni a partire dalla ricombinazione di coppie elettrone, lacuna.
Gli elettroni e le lacune vengono iniettati in una zona di ricombinazione attraverso due regioni del diodo drogate con impurità di tipo diverso, e cioè di tipo n per gli elettroni e p per le lacune. Il colore della radiazione emessa è definito dalla distanza in energia tra i livelli energetici di elettroni e lacune e corrisponde tipicamente al valore della banda proibita del semiconduttore in questione. I LED sono uno speciale tipo di diodi a giunzione p-n, formati da un sottile strato di materiale semiconduttore drogato.
Quando sono sottoposti ad una tensione diretta per ridurre la barriera di potenziale della giunzione, gli elettroni della banda di conduzione del semiconduttore si ricombinano con le lacune della banda di valenza rilasciando energia sufficiente da produrre fotoni. A causa dello spessore ridotto del chip un ragionevole numero di questi fotoni può abbandonarlo ed essere emesso come luce. I LED sono formati da GaAs (arseniuro di gallio), GaP (fosfuro di gallio), GaAsP (fosfuro arseniuro di gallio), SiC (carburo di silicio) e GaInN (nitruro di gallio e indio). L'esatta scelta dei semiconduttori determina la lunghezza d'onda dell'emissione di picco dei fotoni, l'efficienza nella conversione elettro-ottica e quindi l'intensità luminosa in uscita.


STORIA:

I primi LED erano disponibili solo nel colore rosso. Venivano utilizzati come indicatori nei circuiti elettronici, nei display a sette segmenti e negli optoisolatori. Successivamente vennero sviluppati LED che emettevano luce gialla e verde e vennero realizzati dispositivi che integravano due LED, generalmente uno rosso e uno verde, nello stesso contenitore permettendo di visualizzare quattro stati (spento, verde, rosso, verde+rosso=giallo) con lo stesso dispositivo.
Negli anni novanta vennero realizzati LED con efficienza sempre più alta e in una gamma di colori sempre maggiore fino a quando con la realizzazione di LED a luce blu fu possibile realizzare dispositivi che, integrando tre LED (uno rosso, uno verde e uno blu), potevano generare qualsiasi colore.






I LED sono sempre più utilizzati in ambito illuminotecnico in sostituzione di alcune sorgenti di luce tradizionali. Il loro utilizzo nell'illuminazione domestica, quindi in sostituzione di lampade ad incandescenza, alogene o fluorescenti compatte (comunemente chiamate a risparmio energetico), è oggi possibile con notevoli risultati raggiunti grazie alle tecniche innovative sviluppate nel campo. Attraverso i nuovi studi, infatti, l'efficienza luminosa quantità di luce/consumo (lm/W) è stato calcolato di un minimo di 3 a 1. Fondamentalmente, il limite dei LED per questo tipo di applicazione è la quantità di luce emessa (flusso luminoso espresso in lumen), che nei modelli di ultima generazione per uso professionale si attesta intorno ai 120 lm, ma che nei modelli più economici raggiunge solo i 20 lumen. Una lampada ad incandescenza da 60 W emette un flusso luminoso di circa 550 lumen; in merito a questa tipologia di lampada, una normativa della Comunità Europea prevede nell'arco di 7 anni, a partire dal 1-9-2009, il divieto di vendita in tutti i paesi della Comunità, graduandone annualmente il divieto in base alla potenza in watt.
Il loro utilizzo diventa invece molto più interessante in ambito professionale, dove l'efficienza luminosa pari a 40-60 lm/W li rende una sorgente appetibile. Come termine di paragone basti pensare che una lampada ad incandescenza ha un'efficienza luminosa di circa 20 lm/W, mentre una lampada ad alogeni di 25 lm/W ed una fluorescente lineare fino a 104 lm/W. Altro loro limite nell'illuminazione funzionale è che le loro caratteristiche di emissione e durata sono fortemente condizionate dalle caratteristiche di alimentazione e dissipazione. Diventa dunque difficile individuare rapporti diretti tra le varie grandezze, tra le quali entra in gioco anche un ulteriore parametro, ovvero l'angolo di emissione del fascio di luce, che può variare in un intervallo compreso tra circa 4 gradi e oltre 120.
Led ad alta luminosità in tecnologia SMT
Dal punto di vista applicativo i LED sono ad oggi molto utilizzati quando l'impianto di illuminazione deve avere le seguenti caratteristiche:
  • miniaturizzazione
  • colori saturi
  • effetti dinamici (variazione di colore RGB)
  • lunga durata e robustezza
  • valorizzazione di forme e volumi
Concludendo, i vantaggi dei LED dal punto di vista illuminotecnico sono:
  • durata di funzionamento (i LED ad alta emissione arrivano a circa 50.000 ore)
  • assenza di costi di manutenzione
  • elevato rendimento (se paragonato a lampade ad incandescenza e alogene)
  • luce pulita perché priva di componenti IR e UV
  • facilità di realizzazione di ottiche efficienti in plastica
  • flessibilità di installazione del punto luce
  • colori saturi
  • possibilità di un forte effetto spot (sorgente quasi puntiforme)
  • funzionamento in sicurezza perché a bassissima tensione (normalmente tra i 3 e i 24 Vdc)
  • accensione a freddo (fino a -40 °C) senza problemi
  • insensibilità a umidità e vibrazioni
  • assenza di mercurio
  • durata non influenzata dal numero di accensioni/spegnimenti
Il futuro del sole!

Una realtà certa!